Il prato all'inglese potrebbe sembrare una scelta attraente per il giardino, ma in realtà presenta una serie di problemi ambientali che non lo rendono adatto ai climi mediterranei, aridi o montani, come quelli che più abitualmente troviamo in Italia. Uno dei punti critici è il consumo intenso di acqua, in un paese dove le risorse idriche sono spesso limitate, e sprecate a causa della pessima gestione degli impianti. La percentuale di perdite idriche totali della rete nazionale di distribuzione dell’acqua potabile è del 42,0%: ogni 100 litri immessi nel sistema, ben 42 non sono consegnati agli utenti finali, con picchi nel Mezzogiorno che raggiungono anche l'80%. Irrigare costantemente un prato all'inglese comporta uno spreco significativo di preziosa acqua che aggiunto all'uso di fertilizzanti chimici e pesticidi necessari per mantenere il prato verde e sano può trasformarlo in una vera e propria bomba ecologica, con danni all'ambiente e alla salute umana.
Questo stile di giardinaggio è spesso associato a diversi paesaggisti e giardinieri inglesi del XVIII secolo, tra cui Capability Brown, noto per i suoi progetti di ristrutturazione di parchi e giardini in stile paesaggistico. Questo stile voleva allontanarsi dal rigore geometrico dei giardini nobili in stile italiano e francese, ma di fatto, una volta entrato nel pantheon del "must have" di chiunque avesse un giardino a disposizione, si è creato un profondo e quasi irreversibile danno agli ecosistemi urbani e suburbani. Infatti qualsiasi casa preferisca il prato a un terreno sano di fiori selvatici o persino al posto dell'orto, non si rende conto di fare un danno all'ambiente e anche alle proprie tasche!
Soprattutto nelle aree fortemente cementificate, è fondamentale inserire una grande variabilità vegetale, per dare cibo e protezione agli impollinatori e alle altre piccole specie selvatiche.
Un grave problema del prato all'inglese è la mancanza di biodiversità. Questo tipo di prato è composto principalmente da un'unica specie di erba, che limita la presenza di altre piante e animali nel giardino. La mancanza di biodiversità ha sempre un impatto negativo sull'ecosistema locale, poiché riduce la disponibilità di cibo e habitat per gli insetti, uccelli e altri animali. Nonostante il suo aspetto per molti affascinante e rilassante, nella sua piatta uniformità, questo tipo di giardino rappresenta una scelta altamente sconsigliata e può persino creare veri e propri disagi psicologici ed economici a causa della complessità della gestione,
Inoltre, quello che in Natura crea la meravigliosa variabilità vegetale di specie che consociano spontaneamente, nutrono il suolo e lo proteggono, nell'ottica del prato all'inglese diventa improvvisamente una questione di "erbacce indesiderate". Risulta apparentemente disfunzionale dedicare tantissimo tempo per ottenere un prato quasi privo di nutrienti, estremamente avido di risorse, e soggetto a costante manutenzione. Eppure lo status symbol che proveniva dai giardini ottocenteschi dell'alta borghesia, nel 20esimo secolo ha affascinato troppe persone, al punto da creare anche uno slittamento percettivo in cui le foglie secche e le piante spontanee, non sono più viste come il naturale ciclo vitale e di rigenerazione del pianeta, ma come un mostro orribile da combattere a colpi di soffiafoglie, rastrelli e diserbanti.
Infatti l'arma letale che troppe persone usano per avere il loro prato ideale (ma ricordate che l'erba del vicino sarà sempre più verde...) sono i diserbanti selettivi e i pesticidi. L'impiego di diserbanti selettivi dovrebbe essere evitato, poiché compromette ancora più pesantemente la biodiversità di un luogo. Questi sono prodotti che non intaccano l'erba, ma solamente le piante a foglia più ampia come il tarassaco, il crespigno e gli altri fiori selvatici. E così la mancanza di habitat e prede, fa sparire i predatori come coccinelle, ragni, libellule e gli uccelli insettivori, lasciando una nicchia ecologica occupata da specie invasive e resistenti come blatte, formiche e zanzare.
Il prato all'inglese richiede inoltre tagli frequenti e regolari, che oltre al nostro tempo, impiegano anche le nostre risorse, visto che la vecchia tecnica della falce (ancora ampiamente usata in fienagione) non va bene per dei prati che puntano alla linearità della superficie. Il fatto che anno dopo anno si vedano sempre più robot tagliarba in commercio, è evidentemente frutto di questa comune e ingiustificabile passione.
Risulta necessario tenere sempre in considerazione i problemi legati ai climi aridi e agli sbalzi di temperatura: se si chiama prato "all'inglese" un motivo c'è!
Il prato all'inglese, come anche ci ricorda il nome, è infatti stato pensato e applicato in un territorio dal clima storicamente mai troppo caldo e sempre molto piovoso. La qualità di un prato uniforme, infatti, non è dato solo dalla tipologia di prato, ma soprattutto da un terreno altamente drenante e un costante approvvigionamento di acqua meteorica. Come accennato in precedenza, il prato all'inglese richiede un'irrigazione abbondante per mantenere il suo aspetto verde, e già in Europa e nel nostro Paese, ci sono state limitazioni a livello normativo. Probabilmente pochi avranno compreso la gravità delle delibere comunali o locali che nelle estati più recenti obbligano a non irrigare i giardini non coltivati a piante edibili, o persino di limitare gli approvigionamenti d'acqua alle coltivazioni stesse.
Questo è sintomo di una sempre più pressante crisi idrica che sta colpendo il nostro paese ogni estate, e che diventerà più intensa al peggiorare dell'instabilità climatica. E sicuramente nessuno penserebbe al proprio prato, se dovesse scegliere tra quello e il potersi fare una doccia in estate...
Con una gestione serrata del prato all'inglese, inoltre, l'irrigazione eccessiva può favorire lo sviluppo di malattie fungine nel prato, poiché l'umidità costante crea un ambiente favorevole per la crescita di funghi dannosi e può richiedere l'uso di fungicidi chimici e altri pesticidi, che hanno gravi effetti negativi a cascata.
Per ridurre i rischi per la gestione dell'acqua, è possibile optare per giardini permaculturali che sono progettati per essere più efficienti. Questi giardini utilizzano tecniche come la raccolta dell'acqua piovana e l'uso di piante autoctone e selvatiche che richiedono meno irrigazione.
In linea di massima optare per un giardino semi-selvatico è una scelta più sostenibile. Molte città nel mondo stanno ripensando i propri spazi pubblici, per creare veri e propri corridoi vegetali, per le specie autoctone e di passaggio. Uno dei progetti più importanti si chiama Naturvation e ha raccolto nel suo Urban Nature Atlas centinaia di progetti di riorganizzazione urbanistica a favore dell'integrazione di spazi verdi ricchi di biodiversità, all'interno delle città. Alcuni di questi vengono sviluppati secondo i principi della Permacultura, e spesso affiancano specie per impollinatori e ornamentali, a specie edibili, sia da frutto che da foglia. I giardini permaculturali promuovono la biodiversità, utilizzano piante native che richiedono meno irrigazione e impiegano tecniche tradizionali come la raccolta dell'acqua piovana e la pacciamatura. In questo modo, si può creare un giardino rigoglioso e resistente ai cambiamenti climatici, promuovendo nel contempo la conservazione delle risorse idriche e la biodiversità locale.
Le piante native, piantate con una stagionalizzazione che permetta di avere un prato fiorito tutto l'anno (sì, anche in inverno, si pensi a piante come l'erica e l'elleboro!), o verde tutto l'anno (come con le tappezzanti, le edere o le succulente), sono già geneticamente adattate agli sbalzi di temperatura tipici o estremi di una determinata zona, che al contrario possono danneggiare l'erba del prato, rendendola meno resistente e più suscettibile alle malattie.
Creare un giardino permaculturale richiede una pianificazione attenta e una conoscenza delle piante e delle tecniche di coltivazione locali. In particolar modo il tempo da dedicare all'irrigazione, con una gestione ben avviata, può ridursi veramente ad un minimo, da eseguire nei periodi più caldi e aridi. Il recupero dell'acqua piovana e di condensazione, infatti, può abbondantemente ridurre la necessità di attingere all'acqua potabile al fine dell'irrigazione domestica.
Ognuno di noi che ha a disposizione un giardino, ma anche la possibilità di inserite vasche da mettere a coltivazione sui balconi, dovrebbe comprendere il grande dono che possiede e che può condividere con tutti. Allo stesso tempo risulta sempre più necessario lo sviluppo di una cittadinanza attiva e consapevole, che si muova collettivamente per prendere possesso delle aree pubbliche, da gestire come un bene comune al servizio della biodiversità e della qualità dell'aria in generale.
Il Consiglio di Domoteorica
Se volete fare i primi passi nel mondo della Permacultura, consiglio due libri che mi hanno aiutata molto nella comprensione delle grandi potenzialità di questo cambio di ottica. Essendo cresciuta in campagna, ho sempre osservato con fascinazione mio nonno che coltivava la vigna e l'orto con una precisione quasi geometrica, e nonna con i suoi spendidi roseti, e non è stato facile eliminare la convinzione che quello fosse il miglior sistema possibile, perché era il sistema di tutti e con buoni risultati. Ma il clima è cambiato, e così le nostre risorse disponibili.
Titolo: Introduzione alla permacultura - ORDINA
Autore: Bill Mollison, Reny M. Slay
Editore: Terra Nuova Edizioni
Titolo: Permacultura per Tutti - ORDINA
Autore: Patrick Whitefield
Editore: Terra Nuova Edizioni