L’Horticultural Trade Association, associazione di categoria dell’industria del giardinaggio, ha rilevato come grazie al Covid-19 e ai lockdown, siano emersi nel Regno Unito almeno 3 milioni di nuovi appassionati di giardinaggio, indoor e outdoor, di cui più della metà sotto i 45 anni. Il 67% di questi risultano inoltre consapevoli dell’importanza della coltivazione biologica, perché la vegetazione da tenere in casa non è più esclusivamente ornamentale, ma anche spesso edibile.
Sembrano quindi lontani, fortunatamente, gli anni dei fiori finti e dei fiori secchi, o ancora peggio: dei fiori recisi. I mazzi di fiori in vaso, che deperiscono giorno dopo giorno davanti ai nostri occhi, anche se son stati culturalmente rivestiti del valore di dono e offerta, in realtà sono un oggetto involontariamente sgradevole da tenere a casa perchè ci fanno vedere la transizione verso la loro fine. Non a caso, nei secoli, i pittori si son spesso dedicati al tentativo di fissare il momento in cui un mazzo di fiori era rigoglioso e florido, perché immortalato nel momento della raccolta, ma anche il nome di questa espressione artistica ricorda che è una Natura Morta…
La scelta di arredare con piante, e quindi non il desiderio tout court di avere una pianta o un alberello di cui prendersi cura, è spesso guidato dall’imitazione di modelli estetici. Social come Pinterest ed Instagram permettono quotidianamente di accedere a migliaia e migliaia di proposte di indoor gardening, ma non sempre i profili più seguiti propongono soluzioni adeguate a qualsiasi tipo di ambiente. Gli errori più comuni che si riscontrano sono infatti di due tipi: un errore per il vegetale o un errore per l’animale (noi e i nostri eventuali compagni di vita pelosi/squamosi).
L’errore più comune per la pianta è quello di non dedicare cura ed esposizione adeguata, che si manifesta in uno sviluppo non armonico, maggior predisposizione ai parassiti, fino all’appassimento o marciscenza. L’errore ricade di conseguenza su di noi, poiché da una pianta non in salute, il nostro subconscio trae l’informazione di malessere. “Se lei non vive bene a casa mia, io non vivo bene a casa mia”. Un altro errore per noi molto comune è il posizionare la pianta in luoghi di passaggio, costretta in qualche angolo, o ancora peggio spiovente sulle teste con forme minacciose. Tutte queste situazioni tendono a squilibrare la percezione dello spazio dedicato a noi e dedicato a loro, e quando diventano proprio un intralcio, la loro presenza si trasforma fonte di stress abitativo invece che fonte di sollievo e benessere.
Vi sono veri e propri amatori del giardinaggio indoor che, informandosi online o seguendo corsi, riescono a far prosperare le proprie abitazioni e terrazze come piccoli boschi o foreste domestiche. La maggior parte di chi ha in casa una o più piante, lo fa molto per abitudine e tradizione, ma percepisce inconsciamente quanto una pianta sana e rigogliosa possa portare informazioni positive alla propria vita. Non parlo sono dei benefici biologici, aria più pura, migliore regolazione dell’umidità, assorbimento del rumore, ma anche del meccanismo neuropsicologico che riconosce nelle piante la capacità di rilassare, guarire e persino migliorare l’umore di noi Sapiens. Piante come la Chlorophytum è stato riconosciuto possa purificare l’aria da benzene, formaldeide, monossido di carbonio e xilene, e i pregi di ciascuna possono essere facilmente scoperti informandosi in rete o dai rivenditori.
Quando si regala una creatura vivente, infatti, bisogna sempre calcolare anche la differente sensibilità personale. Per alcuni/e una pianta non è altro che un ennesimo complemento di arredo, e in questo caso è quanto mai sconsigliato donare “un oggetto” che in tempi brevi potrebbe passare a miglior vita, o diventare un elemento di clutter domestico. Di contro altri/e hanno una vera e propria passione per la cura e convivenza con le piante, e in questo caso sicuramente il regalo è gradito, ma bisogna prestare attenzione al tipo di piante già presenti nella casa. Infatti se una persona sta molto lontano da casa, regalare piante che obbligano ad un’irrigazione costante potrebbe diventare un impegno, e per tale ragione non è mai il caso di cadere nella falsa credenza del “una pianta è sempre gradita”.
Recentemente ho letto un commento che diceva “per i Millennials e i Gen-Z, gli animali domestici sono i nuovi figli e le piante i nuovi animali domestici“. Effettivamente la fascia sociale che va dai 20 ai 40 anni, in Italia è quella che sta subendo di più l’instabilità del mercato del lavoro chiamata flessibilità e soprattutto le incertezze di un futuro adeguato ad altre generazioni, a causa della Crisi Climatica. In questa realtà estremamente incerta e instabile, molti infatti sono obbligati a far orari intensi per potersi mantenere, e demandano la soddisfazione del bisogno di accudimento proprio alle piante.
Se da un lato anche il mercato del lavoro attrae sempre più giardinieri (si pensi che una recente indagine negli Stati Uniti ha definito come di 6 milioni di giardinieri, ben l’80% era tra i 18 e i 34 anni) dall’altro sempre più case vengono riempite di piante, non solo sui balconi, come insegnavano le nonne, ma soprattutto negli spazi di relax. Che sia una risposta ad una nuova sensibilità, dove i giovani sono sempre più attenti al benessere e alla cura del proprio spazio vitale, oppure un trend cavalcato dai social che fa girare molto denaro per chi produce e vende piante, circondarsi di piante, fiori in vaso e alberelli è comunque una cosa sempre più comune.
Anche se molto apprezzate per le poche cure necessarie, cactus e succulente in generale, sono raramente consigliate in un ambiente domestico, soprattutto se in luoghi di forte passaggio o ancora peggio nel primo ambiente d’ingresso. La caratteristica propria di queste piante, infatti, è quella di riuscire a sfruttare al massimo le risorse idriche e mantenerle al proprio interno su lunghi periodi, grazie ai loro parenchimi acquiferi che fungono da spugne. Avendo tale struttura, molte hanno dovuto trasformare le proprie foglie in spini e aculei, per evitare di essere mangiate subito dagli animali selvatici.
Una caratteristica peculiare, soprattutto delle cactacee a portamento sferico o colonnare, è l’essere gli unici vegetali che, secondo la teoria del Wu Xing nella metafisica cinese, assumono queste forme molto anomale per la flora del nostro pianeta: cercano di stabilizzarsi su una forma cubico/parallelepipeda tipica della fase energetica Terra. La fase vegetativa si scontra con l’energia stabile della terra, ed è per questo che tali piante risultano peculiari. Il loro difetto, rispetto alle nostre abitazioni, però non è principalmente la forma, bensi l’informazione che portano: resistenza estrema, siccità, carestia, resilienza, sforzo, repulsione. Come è semplice intuire, se il nostro subconscio, per quanto affezionato ad esse, continua a ricevere tali informazioni all’interno di un luogo che dovrebbe trasmettere informazioni di sicurezza, abbondanza e riposo, sul lungo periodo potrebbe subirne degli effetti debilitanti.
I cactus, in particolar modo, che tra le succulente sono quelli che presentano le spine spesso più aggressive per noi ed eventuali animali domestici, viene inconsciamente percepito persino come un pericolo “se lo tocco, mi faccio male”. In questo caso, clima permettendo, sarebbe preferibile posizionarlo all’esterno o in direzione di elementi architettonici aggressivi nei confronti della nostra abitazione (allineamenti, rettilinei, corridoi, spigoli, edifici sovrastanti…) per dare al nostro animale interiore l’impressione di avere una difesa nei loro confronti. Ovviamente non sto parlando dei mini cactus ornamentali, ma di quando queste piante cominciano ad avere un portamento almeno di 40/50 cm.
Se quindi degli enormi cactus sono assolutamente sconsigliati in qualsiasi ambiente interno, di contro creare veri e propri paesaggi verdi, è ideale soprattutto nelle aree di casa rivolte a est e a sud. Bisogna però attenersi ad alcune regole:
In un mondo sempre più globalizzato, raramente ci interroghiamo su quanto molte piante (e sfortunatamente anche gli animali…) abbiano una provenienza estera e specifiche di clima e luce specifiche della propria zona di origine. Le piante, simbolo per eccellenza dell’adattabilità, sono spesso portate nelle nostre case senza la consapevolezza delle necessità di esposizione luminosa e di temperatura e umidità particolari. Se la temperatura delle nostre case, più o meno costante nell’arco dell’anno, può andar bene a certe piante, per altre potrebbe essere una forzatura, e non permettergli uno sviluppo sano e armonioso.
Al contrario, ricreare nell’abitazione una situazione adeguata per le piante in essa ospitate, soprattutto scegliendo tra quelle tipiche della zona, già biologicamente predisposte ai ritmi circadiani presenti, dovrebbe essere la scelta predominante. Ovviamente questo necessita anche di temperature contenute, ed è sconsigliato in abitazioni con il riscaldamento centralizzato (che spesso è troppo alto anche per l’essere umano!) dove hanno maggior possibilità di prosperare piante di tipo tropicale, come palme o musaceae. In linea generale, però, più la presenza della vegetazione in casa appare naturale, rigogliosa e armonica in proporzione con l’ambiente, più l’informazione di crescita e salubrità raggiunge la nostra percezione. Quindi se una persona sa di non essere portata per il giardinaggio, è meglio evitare di prendere e sostituire piante in continuazione, oppure di tenerne una, magari relegata in bagno.
Dobbiamo imparare a considerare le piante non come un elemento di arredo, ma per quello che, sono: un essere vivente che per la sua disconnessione dalla terra, necessita delle nostre cure per vivere. E più loro sono in salute, più il nostro Io profondo riceverà informazioni positive. D’altronde siamo stati noi con la nostra cultura a volerci separare dalla Natura, ma questo è stato forse l’errore principale dell’urbanizzazione e anche della nostra specie. Una sana convivenza con i vegetali in casa, l’educazione ai ritmi della Natura, aiuta molto sia chi vuol procedere in un percorso di crescita personale, sia chi vuol imparare a rallentare i ritmi e comprendere la cura.